Parliamo del mio rapporto odi et amo con il pianoforte. La prima volta che mi sono approcciata a questo strumento avevo 3 anni, con una pianolina Bontempi su cui mio padre aveva appiccicato dei numeri e delle lettere, in modo che potessi riconoscere le note. A casa, poi, ho sempre avuto un vecchio pianoforte, sul quale amavo suonare totalmente “a caso” e con il solo aiuto dell’orecchio (sapevo solamente dove fosse il “DO”!). Poi ho iniziato a studiare (5 anni di pianoforte classico!), e da brava testona come sono ho perso ogni stimolo e passione. Vedevo lo studio come un’imposizione e sentivo anche di aver perso il mio orecchio e la mia vena creativa, perché altro non facevo che leggere delle note sullo spartito. Dopo 5 anni, del pianoforte non ne ho voluto più sapere; il mio strumento preferito era diventato la voce e per un bel po’ di tempo la sola idea di rimettere le mani sui tasti mi dava la nausea (se non come aiuto per la scrittura). Ogni anno mi promettevo che avrei davvero ricominciato. Ogni anno fallivo. Eppure il lockdown adesso mi tocca pure ringraziarlo: sono riuscita a riprendere a suonare abbastanza costantemente (per quanto la parola “costanza” possa essere valida per me visto che sono un’iperattiva con poca pazienza ). Non sono al livello di prima e nemmeno a quello che vorrei, ma vedo miglioramenti ogni giorno. E poi c’e’ sempre quello step che per me e’ sempre stato difficile da superare: quello del pubblico. A casa riesco a suonare in una certa maniera, ma quando sono in mezzo alla gente l’insicurezza ancora mi frega. Pazienza… Arriverà anche la sicurezza. Nel frattempo, questo per me e’ un altro traguardo, un’altra vittoria. E niente… Sono contenta almeno di questo